Il futuro è decentralizzato
In questo post parlerò di decentralizzazione e blockchain. Vorrei iniziare con qualcosa a cui tutti possiamo relazionarci…
Abbiamo tutti attraversato il periodo delle ICO (Initial Coin Offering — offerta iniziale delle cryptomonete). Abbiamo tutti letto le white papers molto astratte delle startup: “Siamo un’organizzazione customer centric che delivera il valore di IoT, cloud, big data, machine learning, ed intelligenza artificiale utilizzando il design thinking per guidare la trasformazione digitale per l’impresa connessa alla blockchain”.
Al che ci si chiede cosa facciano, e alla fine era solo un altro assurdo token: “Abbiamo lanciato questo nuovo token chiamato PedoneCoin. Come funziona? Basta passare sopra ai pedoni con la propria macchina per fare soldi… È un… pronti per il gioco di parole? È un buon investimento.” Ok, fatemi fare un NFT di questa battuta che la vendo su “OpenSea”.
Scherzi a parte, diamo un’occhiata a come siamo arrivati fin qui, per capire meglio dove siamo diretti. Viviamo in quella che viene chiamata l’era dell’informazione (nota anche come l’era del computer o l’era digitale). L’evoluzione umana ha attraversato l’età della pietra, l’età del bronzo… Sì, sto iniziando dall’inizio… ed è nell’età del ferro che la tecnologia ha iniziato a svilupparsi. Non sto dicendo che gli uomini delle caverne costruissero microchip, ma una continua evoluzione di alcune tecnologie rudimentali ha portato a quella che un paio di migliaia di anni dopo è diventata la rivoluzione industriale.
La rivoluzione industriale è suddivisa in sottoinsiemi (per gli sviluppatori: si tratta di array di array): c’è la Prima Rivoluzione Industriale, basata sull’energia dell’acqua e del vapore utilizzate per meccanizzare la produzione, la Seconda Rivoluzione Industriale, basata sull’energia elettrica per ottenere la produzione di massa, la Terza Rivoluzione Industriale, basata sull’elettronica utilizzata per avere una produzione intelligente.
E ora, siamo in quella che alcuni chiamano “la quarta rivoluzione industriale”, ma io preferisco chiamarla “l’era dell’informazione”, cioè basata su dati, informazioni, usate come servizio e prodotto. Anche l’era dell’informazione è suddivisa in sottoinsiemi (sempre per gli sviluppatori: si tratta di array di array di array): abbiamo avuto la fase iniziale in cui il contenuto analogico ha iniziato ad essere salvato e condiviso in formato digitale, una seconda fase in cui questo contenuto digitale ha iniziato a poter essere inviato e usufruito attraverso le reti e poi via Internet, una terza fase in cui servizi vengono venduti e forniti da individui e aziende attraverso Internet, e la quarta fase, appena iniziata, in cui quei prodotti e servizi sono offerti dalla comunità alla collettività: la fase di decentramento.
Uno sguardo al prossimo futuro. Presto, i protocolli per i sistemi decentralizzati inizieranno a sostituire quelli dei servizi web centralizzati che attualmente dominano Internet. Quando invece di connettersi all’API di qualche provider centralizzato le nostre applicazioni interagiranno direttamente con una rete Peer to Peer, faremo un passo verso un Internet decentralizzato. Quando, invece di connetterci a un internet provider che sta effettivamente nel mezzo tra il nostro computer e il resto di Internet, ci collegheremo a un hot spot a caso di un mesh network globale, allora anche Internet, come infrastruttura, sarà decentralizzata.
Esistono diversi strumenti per decentralizzare e la blockchain è una delle tecnologie di spicco attualmente in uso. Sappiamo tutti che Bitcoin, pur avendo il merito di averci portato il concetto di blockchain, è solo uno dei tanti servizi decentralizzati che possono essere eseguiti su una rete peer to peer. L’adozione della blockchain sta andando oltre i casi d’uso delle criptovalute. Questo sta accadendo perché i protocolli blockchain sono aperti e chiunque può implementare su di essi, può clonarli, modificarli, e soprattutto migliorarli. Si tenga presente che stiamo parlando di piattaforme blockchain, non di applicazioni sviluppate su di esse. Ecco una citazione di Fred Ehrsam:
Le blockchain sono organismi digitali. Mentre gli organismi si evolvono attraverso i cambiamenti nel loro DNA, i protocolli blockchain si evolvono attraverso i cambiamenti nel loro codice. E come gli organismi biologici, le blockchain più adattive saranno quelle che sopravviveranno e prospereranno.
La necessità di migliorare la tecnologia di base è grande. La maggior parte delle tecnologie blockchain, dei sistemi di consenso, dei tipi di transazione, sono tutti progettati con una criptovaluta. Questo va al cuore di come una blockchain è protetta, rendendo quelle piattaforme deboli e soggette ad attacchi se adottate su casi d’uso non legati alle criptovalute, o quando si gestiscono titoli di valore superiore all’economia interna della blockchain. In due parole, quelle blockchain sono sicure fino a quando il ritorno dell’investimento del costo di un attacco non rende l’attacco conveniente.
Ad esempio, utilizzando gli attuali sistemi di consenso, le blockchain suscettibili di attacchi sono quelle che gestiscono titoli che valgono molto di più della capitalizzazione di mercato della blockchain stessa (ad esempio blockchain che gestiscono titoli di proprietà come le ricevute di magazzino) e quelle utilizzate per decentralizzare la gestione di dati senza reale necessità per una criptovaluta (ad esempio flussi di documenti tipo cartelle cliniche).
Per decentralizzare ed essere davvero decentralizzata, una blockchain non dovrebbe avere alcun amministratore, nessun controller centrale o autorità, e nemmeno una leadership carismatica influente. In una blockchain, ogni utente possiede e controlla i propri dati. La blockchain sostituisce la necessità di fidarsi di una terza parte, con la prova crittografica di cosa è successo, quando è successo, e la garanzia che è successo seguendo le regole del protocollo contenuto nel software di base della blockchain. Una transazione che non rispetta le regole non viene elaborata. Non posso inviare 10 bitcoin se non li ho.
La blockchain deve essere vista come un sistema decentralizzato con gli strumenti per garantire crittograficamente la trasformazione dei dati. Blockchain offre la possibilità di avere scarsità e quindi anche la singolarità di risorse digitali, cosa che, nel mondo digitale, era impossibile solo un decennio fa. La blockchain consente di raggiungere un consenso sullo stato attuale di un dato senza doversi fidare di terze parti che ci dicono qual è lo stato attuale di quel dato. La blockchain ha il potenziale, nel prossimo futuro, di cambiare radicalmente il modo in cui condividiamo le informazioni, acquistiamo e vendiamo cose e interagiamo tra di noi e con le istituzioni. Useremo la blockchain per provare la nostra identità e per verificare l’autenticità di tutto, dal cibo che mangiamo alle medicine che prendiamo e, cosa più importante, possederemo e controlleremo i dati che ci appartengono.
Sappiamo tutti che per gli utenti le tecnologie “nascoste” (pensate ai database) sono le più difficili con cui relazionarsi, in quanto fanno il loro lavoro “dietro le quinte”. Questo è un problema anche per la blockchain, e la sua adozione è stata peggiorata a causa dell’associazione spesso negativa con attività illecite presumibilmente fatte con le criptovalute. È necessaria una buona narrativa per accelerare l’adozione della blockchain ed ottenere la fiducia necessaria affinché la tecnologia venga accettata in più industrie.
Inoltre “blockchain” è come il nuovo cloud, i big data o l’intelligenza artificiale: troppe persone usano il termine “blockchain” con leggerezza, senza nemmeno sapere bene di cosa stanno parlando. La blockchain dovrebbe essere usata per risolvere problemi reali, ma purtroppo spesso è forzata in progetti senza un reale bisogno, solo per scopi di marketing.
Un vero sistema decentralizzato non ha una proprietà o un punto di controllo centralizzati, in quanto appartiene alle persone che gestiscono i nodi della rete P2P. Le aziende che creano veri e propri sistemi decentralizzati li consegnano al pubblico, rimanendo senza alcun controllo su di essi, a parte, forse, tenendosi una grossa fetta della sua economia. Il codice per far funzionare un nodo è nelle mani della comunità open source e l’intero progetto è pubblico.
Una volta che il sistema è pubblico ed il suo codice è open source, allora il progetto è realmente decentralizzato: coloro che finanziano il progetto contribuiscono direttamente al processo di sviluppo fatto dalla comunità open source, coloro che gestiscono un nodo della rete peer to peer di un sistema contribuiscono al sistema stesso essendo parte della rete, creando valore collettivo, e tenendo alta la sicurezza del sistema. Queste persone dovrebbero guadagnare dalle attività degli utenti del sistema.
Quando gli utenti pagano per i servizi consumati nella rete P2P, tali pagamenti dovrebbero essere suddivisi tra i proprietari dei nodi della rete P2P. Gli operatori dei nodi hanno infatti bisogno di essere compensati per l’uso dei loro computers ed i costi che hanno allocato per far funzionare i loro nodi (elettricità, connessione Internet, etc). I sistemi attuali premiano SOLO gli account che creano nuovi blocchi, mentre il resto della rete rimane non compensato. La strada da percorrere è l’inversa: punire gli account che NON fanno un blocco quando dovrebbero!
Facciamo attenzione: non sto dicendo che non dovrebbero esserci modi od opportunità per le aziende di monetizzare sui servizi decentralizzati! Quello di cui ho parlato fino ad ora è il livello base, la piattaforma blockchain stessa, che deve essere davvero decentralizzata.
Tuttavia, le applicazioni decentralizzate, costruite su una blockchain aperta e pubblica, possono avere un punto di controllo centrale, un account amministrativo, livelli utente e metodi di monetizzazione specifici. C’è un mondo di servizi da implementare, e che stanno venendo implementati: a partire dalle applicazioni ibride (che utilizzano blockchain solo per alcuni dei loro processi), alle DAO (applicazioni che funzionano completamente sulla blockchain).
Molti di questi sistemi decentralizzati sostituiranno i servizi e le applicazioni online esistenti, ma altri sono servizi nuovi che non sarebbero mai esistiti se non ci fossero piattaforme decentralizzate per eseguirli. Blockchain, e più ampiamente il decentramento, offre grandi opportunità e dobbiamo concentrarci ed utilizzarle quando implementiamo nuovi progetti. Condividerò con voi la storia di quella che credo sia una delle più grandi opportunità mancate, quando si parla di decentramento, nella storia recente.
Sappiamo tutti cos’è Torrent, giusto? No? Sono sicuro che nessuno di voi l’abbia mai fatto, ma Torrent è un protocollo peer to peer utilizzato principalmente per scaricare film e musica piratati. Bene, Torrent è decentralizzato nella sua natura, in quanto è una rete Peer to Peer, ed è il primo sistema di condivisione di file che le autorità non sono state in grado di chiudere. Torrent è alla base di ciò che è oggi una blockchain. Una blockchain non può essere tirata giù (se funziona con un protocollo solido).
Sto arrivando alla fine di questo post, e come promesso vi lascio con una breve storia interessante. Titolo: L’occasione mancata dell’industria musicale e cinematografica
I consumatori hanno sempre comprato musica e film. E (i più criminali) facevano copie delle cassette di musica e delle videocassette per i loro amici. Questo comportamento è stato tollerato in quanto la perdita di qualità dell’audio e del video nelle copie analogiche ha reso la catena delle copie delle copie delle copie piuttosto corta.
Flashback all’inizio del post: quando siamo entrati nella prima fase dell’era dell’informazione ed i contenuti sono diventati digitali, le persone hanno iniziato a fare copie di CD e DVD. A questo punto non c’è perdita di qualità, poiché le copie digitali sono tali e quali all’originale. Per questo motivo le copie digitali sono state molto meno tollerate. Ma le cose sono andate ancora peggio.
Disperazione, urla, persone preoccupatissime che corrono nei corridoi degli uffici dell’industria musicale e cinematografica, e manager che si strappano i capelli — sto solo ipotizzando — non appena siamo entrati nella seconda fase dell’era dell’informazione, ed i contenuti digitali possono ora essere copiati via internet. L’industria musicale e cinematografica ha fatto pressioni sui governi per chiudere qualsiasi sito web, forum e archivio di file online utilizzato per scambiare contenuti piratati. Napster è stato l’ultimo a resistere. Il contenzioso dell’industria musicale ha funzionato contro di loro e Napster ha ricevuto un’ingiunzione ed ha chiuso i suoi server nel luglio 2001.
Ma c’era Torrent: una rete Peer to Peer che semplicemente non può essere fermata. L’industria della musica e dei film, ora insieme all’industria del software, poiché anche la pirateria del software sul P2P era dilagante, ha fatto pressioni sui governi per arrestare chi scaricava materiale piratato, chiamandoli appunto “pirati”. Secondo la legge degli Stati Uniti, la violazione della proprietà intellettuale può comportare fino a cinque anni di reclusione ed una multa di 250.000 dollari. Questo per ogni copia fatta. Mentre la copia di una canzone o un film conta come una singola violazione, il download illegale di Windows, per esempio, significa una violazione per ogni applicazione in esso contenuta: la calcolatrice, il blocco note, il solitario, ecc. Ci furono dei ragazzi che si ritrovarono a rischiare l’ergastolo solo per aver scaricato software piratato da Torrent.
Questa mossa, fatta dall’industria della musica, dei film, e del software, è riuscita a fermare la pirateria sul P2P? No. — Sono risultati simpatici al pubblico? No. Erano troppo concentrati a combattere i mulini a vento (se non cogliete l’analogia, vi suggerisco di leggere “Don Chisciotte”, un romanzo di Miguel de Cervantes), che si sono persi quella che secondo me sarebbe potuta essere una grande opportunità: la possibilità di vendere tutti i loro contenuti mai creati, a persone che si trovano ovunque nel pianeta, dalle grandi città ai più piccoli villaggi di paesi remoti, attraverso una rete che non dovevano nemmeno gestire o pagare. Invece di dover spedire CD e DVD in scatoloni, avevano solo bisogno di condividere tramite Torrent la loro musica ed i loro film bloccati da un sistema di Digital Rights Management (DRM), fornire anteprime gratuite, ed i mezzi per pagare e sbloccare i contenuti sotto DRM. Avevano l’onda perfetta da surfare e l’hanno persa.
Alcuni anni dopo, con l’arrivo di Bitcoin e con esso della blockchain, l’industria colpita non è stata quella della musica e dei film, ma il settore finanziario mondiale. Sono lieto che questa volta la reazione sia stata diversa e, come vediamo, c’è un grosso sostegno all’innovazione nel settore finanziario da parte dell’industria. Quindi surfiamo insieme quest’onda magica, perché ci sono tantissime opportunità e abbiamo molto lavoro da fare!